Di Antonio Indovino
Toscana Bianco IGT, Annita, Il Rio, 2014
Ci troviamo tra il comune di Vicchio di Mugello e l’Appennino Tosco-Romagnolo. È qui che Paolo Cerrini, ex artigiano orafo di Firenze ed appassionato per l’agricoltura, ha iniziato a studiare ed a vinificare delle uve della piccola vigna di proprietà (0,5 ha).
In quelle campagne dove da ragazzo scorrazzava in bici, Paolo compra un vecchio rudere e poi un piccolo appezzamento con sogno di piantarci una vigna tutta sua.
In quella zona dalla scarsa tradizione vitivinicola venivano allevate le stesse uve del chiantigiano, ma con scarsi risultati a causa della differenza di temperatura (in media di 5°C inferiore), che non consentiva una maturazione ottimale delle uve.
Già nel 1800 Vittorio degli Albizi, a Pomino, aveva fatto esperimenti con vitigni francesi, gli stessi che gli suggerì Marco De Grazia, suo amico in primis nonchè esportatore ed attualmente produttore, che all’epoca aveva un ufficio affianco al laboratorio orafo di Paolo. Fu così che Paolo nel ’92 decise di impiantare Chardonnay, Pinot Nero e Sauvignon Blanc: varietà che ben si adattano al terreno argilloso ed al clima continentale con forti escursioni termiche giorno/notte che caratterizzano l’arele del Mugello.
La produzione, inizialmente per consumo familiare, si è espansa successivamente a livello commerciale grazie ai risultati sempre più incoraggianti a partire dal 1997. Marco de Grazia ha sempre avuto un ruolo fondamentale per Paolo, tant’è vero che tutti gli anni Paolo gli faceva assaggiare il suo Pinot Nero, che inesorabilmente finiva nel lavandino, tranne quel ’97. Marco non era in ufficio e Paolo lasciò la bottiglia alla segretaria, ed il giorno dopo ricevette una telefonata illuminante: per il suo amico quello era stato uno dei migliori Pinot Nero italiani che lui avesse mai assaggiato. Niente era cambiato nel modo di fare quel vino, ma una serie di circostanze fortunose avevano portato a quel risultato, facendo capire a Paolo che da quel momento in poi le cose andavano fatte con cognizione di causa!
Di lì è partita una sperimentazione continua col supporto dell’agronomo piemontese Fabrizio Prosperi (che tuttora supervisiona l’andamento dei vigneti), di enologi come Beppe Rigoli e Claudio Gori, con la consulenza tecnica di Fabio Bellucci (esperto di materiali, attrezzature ed impianti per l’enologia) e sotto i consigli di un amico esperto in materia: Franz Haas.
In questo lasso di tempo Paolo ha avuto modo di affinare le sue tecniche di coltura/allevamento e vinificazione, e di munirsi delle attrezzature necessarie e sufficienti da utilizzare nella cantina ricavata nei locali del casale originario Il Rio, uno dei poderi storici della Fattoria di Molezzano.
I commenti positivi, anzi entusiastici, sui suoi vini hanno spinto Paolo ad acquistare e riconvertire un’altra vigna di circa 1,5 ha, Le Panche, nel 2001 ed a fondare l’Azienda Agricola Il Rio nel 2003: grazie anche al sostegno economico di una inconsueta lista di nozze!
Stesse varietà, stesso sistema di allevamento a spalliera con potatura a guyot, su ispirazione del metodo borgognone, e disposizione della chioma su due pareti (lyra modificata), in modo da avere una doppia superficie di irraggiamento.
Tutte le lavorazioni tra i filari, rigorosamente manuali, avvengono nel pieno rispetto dell’ecosistema vigna e comunque volte a ridurre gli interventi in cantina allo stretto necessario.
Il suolo viene concimato con sovescio a filari alterni, per consentire nei filari non concimati l’inerbimento e lo sfalcio tardivo, permettendo alla flora spontanea di completare il proprio ciclo.
La potatura secca è orientata ad una produzione di 1-1,5 kg di uva per ceppo e la gestione della chioma è volta a favorire la produzione di tralci secondari ed avere foglie in piena attività al momento della maturazione dell’uva. A ciò si aggiungono trattamenti con preparati il più possibile naturali come i fosfiti di potassio, il rame, la bentonite, lo zolfo in polvere…..
Il tutto si traduce in una esigua produzione di circa 12000 bt suddivise in 4 etichette.
Quest’oggi ho avuto la fortuna di degustare l’Annita 2014.
È un vino nato per caso nel 2002, un’annata molto piovosa. Le uve Chardonnay erano piene di marciume e botrite e la produzione aziendale di allora era così esigua da non riuscire a riempire una sola barrique. La soluzione di Paolo fu aggiungere succo di Pinot nero, vinificato in bianco: et voilà, nacque Annita.
Dalla casualità si è passati ad un idea di vino ben precisa. Le uve, rigorosamente selezionate in vigna, vengono raccolte solitamente a metà settembre.
Lo Chardonnay effettua una macerazione pre-fermentativa a freddo mentre il Pinot Nero viene vinificato in bianco. Successivamente viene assemblato il vino nelle rispettive percentuali del 70 e 30%, dopodichè passa in barrique per 3 mesi: periodo durante il quale avviene la fermentazione alcolica e parzialmente quella malolattica.
Successivamente il vino sosta in bottiglia per ulteriori 6 mesi prima della commercializzazione.
3 sole barriques, per una produzione inferiore alle 1000 bt/anno.
Nel calice il vino si presenta con una vivace e consistente veste paglierina.
Al naso si percepiscono note agrumate, di cantalupo, nespola, richiami erbacei e gessosi, con una leggerissima nota boisè di fondo. Il sorso è generoso e morbido, sorretto da una buona freschezza ed una piacevole sapidità, con una lunga chiusura che inducia su rimandi fruttati e e minerali.
Ho avuto modo di apprezzare l’Annita in un calice abbastanza voluminoso e di media apertura intorno ai 10/12°C.
Personalmente lo abbinerei al Delicato Sorrentino dello Chef Peppe Guida.
Prezzo in enoteca: 15–20€
Contatti: www.ilriocerrini.it
Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina
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